L'eterno dilemma della "Specificità" nello sport

L'eterno dilemma della "Specificità" nello sport

Un allenamento deve essere sport – specifico, ma deve anche essere generalizzato

In vista del corso di "Preparatore Atletico Riconosciuto" mi piacerebbe condividere con voi alcune riflessioni personali su un tema molto (troppo) spesso sottovalutato ed erroneamente travisato. Riflessioni che partono dalla lettura di un’intervista rilasciata da Mr. Sarri risalente a novembre 2018, ovvero quando era all’inizio della sua unica stagione al Chelsea. 

In sintesi, un giornalista gli aveva chiesto se Morata sarebbe rimasto a Londra a “sollevare pesi”, alludendo quindi al solo lavoro in palestra. “Non solleverà alcun peso, ieri ha fatto lavoro aerobico e oggi lavoreremo sulla forza, ma non usiamo pesi. In palestra facciamo soltanto il lavoro più naturale: non ho mai visto un giocatore con un peso in campo” ha spiegato l’allenatore. 

Premessa, sono un estimatore di Sarri come allenatore, è sicuramente uno dei migliori tecnici italiani che abbiamo visto negli ultimi anni: ciò non toglie che Sarri è appunto un “allenatore di calcio”, non è un preparatore atletico e sicuramente non se ne intende di Forza e allenamento con i pesi. Tornando alle parole dell’allenatore toscano, inutile dire che c’è tutta una serie di errori madornali in una singola frase. Innanzitutto, parlare di lavorare sulla forza ed escludere a priori i pesi (pesanti) è una cosa di per sé folle: uno dei metodi migliori, se non il migliore in assoluto, per aumentare la forza fisica è l’allenamento con i pesi. L’allenamento della forza si basa sull’utilizzo di pesi, resistenze esterne, bilancieri, manubri e via dicendo. 

Cosa significa “lavoro naturale”? Allenarsi con i pesi è innaturale?

Cosa significa “lavoro naturale”? Allenarsi con i pesi è innaturale? Anche saltare gli ostacoli è innaturale, i pesi sono semplicemente un mezzo a nostra disposizione per ottenere un effetto allenante di una certa entità. Infine conclude con la mia frase preferita: 

“non ho mai visto un giocatore con un peso in campo”

Ci sono tante cose che si fanno in allenamento che in realtà non si attuano in campo ma si utilizzano in allenamento per incrementare una determinata qualità: questo è l’eterno dilemma della “specificità”. Un allenamento deve essere sport – specifico, ma deve anche essere generalizzato altrimenti non andremo in campo ad allenarci durante la settimana ma faremmo partite di novanta minuti tutti i giorni tutta la settimana per essere pronti in maniera specifica per la partita della domenica. Invece questo non avviene, giustamente. Andiamo in campo, il lunedì ci riposiamo, il martedì si fa allenamento e c’è una parte tecnico-tattica, ci sono tanti elementi che poi abbinati insieme permettono di fare una partita alla domenica di qualità elevata. Voglio approfittare di questa frase di Sarri: logicamente non ce l’ho con lui, perché la realtà è che la maggior parte degli allenatori in Italia, e non solo, pensano la stessa identica cosa quando invece in alcuni paesi dell’estero già da tempo si sono resi conto che l’allenamento con i pesi è estremamente utile per ogni sportivo. Il calciatore necessita di un forte cambio di direzione, incredibile accelerazione, salto verso l’alto ecc, quindi tutte quelle componenti che sono altamente allenabili con l’utilizzo di pesi. 

La componente principale per un calciatore quale è? Deve essere potente, logicamente al di là di tutti i discorsi tecnico-tattici, ma a livello di abilità e qualità fisiche un giocatore deve essere potente. 

Come facciamo ad allenare l’esplosività? Uno dei mezzi migliori per farlo è l’allenamento con l’uso dei pesi. Esistono innumerevoli studi che mostrano come ci sia alta correlazione tra la potenza massima che possiamo esprimere e la forza assoluta che abbiamo a nostra disposizione. Incrementare la forza massima nel back squat può tradursi poi in miglior accelerazione, miglior salto verso l’alto, miglior cambio di direzione e non ci sarebbe neppure bisogno di questi studi perché in realtà è così semplice ed ovvio. 

Tutte queste componenti (cambio di direzione, salti in alto, accelerazioni, sprint) sono qualità fisiche che necessitano di forza esplosiva. E che formula fisica ha la potenza? Force x Velocity. Quindi un calciatore non dovrebbe allenare solo la componente Velocity in quanto già lo fa ampiamente in campo con tutte le ripetute, Small Sided Games e duelli, ma dovrebbe allenare anche la componente Force: alzando la soglia di Forza Massima potrà così incrementare ulteriormente la potenza (le due cose sono collegate). Se aumentiamo la forza fisica massima possiamo accrescere la potenza, che si tradurrà poi in campo in un salto più in alto, maggior accelerazione, maggiore sprint, miglior cambio di direzione e cambio di velocità (quindi agilità) e maggior resistenza ai contrasti più duri. 

Ricerche Scientifiche

Tutte queste non sono mie personali idee o ipotesi: è possibile, oltre che facile, reperire tutte queste informazioni. Ci sono tantissimi libri di testo che parlano di queste tematiche e tra i miei preferiti che posso consigliare ci sono sicuramente “Strength & Conditioning for football”, “New functional training for sports” di Boyle, “Training for speed, agility and quickness”, “Developing power” della NSCA e “Complete conditioning for soccer”. Ma se andiamo a cercare su pubmed o google scholar troviamo innumerevoli studi che parlano dell’alta correlazione tra potenza espressa, massima forza e performance in campo dello sportivo. 

Quindi, i pesi, se fatti bene, non rallentano il calciatore, anzi (!) contribuiscono ad incrementarne enormemente la performance così come per qualsiasi altro sportivo. In Italia purtroppo lo Strength & Conditioning che generalmente viene tradotto come una generica “preparazione atletica” viene effettuato in maniera completamente diversa rispetto a quello che avviene in altri paesi, in particolar modo negli USA. Il problema che vedo all’interno delle società sportive italiane di sport di ogni genere (dal calcio al basket ma anche in sport individuali come il tennis ad esempio) è che il focus, per quanto riguarda l’allenamento e la preparazione atletica del soggetto, si incentra quasi esclusivamente sulla componente di “Conditioning”, ovvero sul condizionamento aerobico. Quindi, vogliamo migliorare la prestazione sul campo di un tennista? Ecco che nelle preparazioni atletiche in Italia si fanno fare diversi esercizi di fondo come la classica corsetta a bassa intensità, il LISS per il bodybuilder ecc. per maturare capacità aerobiche generali. Dopodiché si passa magari a fare cose più specifiche come ad esempio degli sprint e attività HIIT: sono tutte cose corrette e giuste da fare. Il problema quale è? Perché in inglese si chiama Strength & Conditioning? C’è un motivo se la parola Strength viene prima di Conditioning. L’importanza dell’allenamento della forza per la preparazione atletica in paesi come USA ma anche ad esempio Irlanda, UK e Russia è di dimensioni macroscopiche. L’elemento fondamentale su cui allenarsi e concentrarsi è l’aumento della forza massima e l’aumento dell’esplosività che deriva anche dalla forza massima. Quindi è bene concentrarsi proprio sui pesi, a prescindere se si ha a che fare con un pugile, con un lottatore di MMA, un tennista o un calciatore. In Italia questo non avviene, ma nei paesi sopracitati sì. In Italia siamo troppo indietro sotto questo punto di vista: la preparazione atletica è troppo incentrata sull’allenamento cardiovascolare, sulla resistenza e sulle capacità aerobiche e troppo poco fondata su ciò che realmente sposta la prestazione di un’atleta, che sono la sua forza massima ed esplosiva. Con questo cosa voglio dire? Che nella preparazione atletica di un’atleta non serva fare Conditioning? Assolutamente no, ma rimango dell’idea che quest’ultimo, specialmente nell’amatore, ma anche nel professionista, venga fatto indirettamente in campo. Un calciatore, già facendo tutte le esercitazioni di possesso palla a pressione, gli small sided games, duelli con tiri in porta, esercitazioni di contrattacco e via dicendo, migliora le sue capacità aerobiche, impara a scattare più rapidamente, nella partita il suo sistema cardiovascolare migliora. 

Cos’è che invece non migliora? La forza massima ed esplosiva. Questi sono per me concetti assolutamente essenziali e cose che in Italia vedo troppo spesso sottovalutare (se non accantonare) e sbagliare. A tal proposito, ritengo che, come nella stragrande maggioranza dei casi, il problema sia a monte. Mi spiego: in Italia esiste solo la laurea in Scienze Motorie, ovvero quella che all’estero viene chiamata “Exercise Science”, e non esiste una vera e propria laurea in S. & C. Invece negli USA così come in altri paesi europei ci si può effettivamente laureare in quest’ultima: ovvero fare un intero percorso di laurea triennale, o anche un master, studiando esclusivamente materie teoriche e pratiche spendibili nel lavoro del preparatore atletico effettivo. Ad esempio materie come “Resistance Training” (l’allenamento contro resistenze) non vengono trattate superficialmente ma vi è un enorme approfondimento ed un intero anno accademico speso solo su questo singolo tema. Immaginiamo un’università in cui per un anno intero si studia metodologia dell’allenamento con i pesi (bilancieri, kettlebells, manubri, forza massima, potenza, ipertrofia muscolare) non per un singolo esame, bensì per un intero anno accademico. Oppure, un trimestre dedicato all’endurance training ed un altro dedicato allo speed development, ovvero l’allenamento diretto dell’accelerazione, della velocità massima e dell’agilità per gli sport. Le materie di studio di una laurea in S. & C. differiscono di molto dal percorso di Scienze Motorie: si studia approfonditamente l’allenamento della velocità e non farmacologia, la pliometria e non diritto sportivo e via dicendo (gli esempi sono molti). Esistono diverse lauree e master in S&C in giro per il mondo che ti aprono le porte per diventare un preparatore atletico per società sportive così come per lavorare individualmente per atleti di ogni genere. La maggior parte dei laureati infatti diventano o libero professionisti nel settore, lavorando con atleti di ogni tipo, da dilettanti a professionisti, oppure dipendenti di società sportive di ogni sport, o ancora, si può diventare consulente sportivo e lavorare in centri sportivi e via dicendo. Purtroppo qui una laurea simile non esiste: tutto ciò che è settore “preparazione atletica” viene proposto da enti privati, corsi brevi (o di brevissimo termine), ma senza un percorso di laurea vero e proprio. Il paradosso che ne consegue è che la strada per ambire a diventare preparatore atletico professionista diventa più ripida e tortuosa. Perché? Perché non solo è più lunga nei tempi, ma è anche più costosa, eccessivamente variegata e aspecifica nelle tematiche affrontate. 

Conclusioni

Il risultato? Spesso, nel nostro settore, sentiamo parlare di “abbandono sportivo”, ma mai di “rinuncia agli studi” (e no, non mi riferisco alla prassi burocratica con cui si interrompono gli studi universitari). Mi riferisco alla rinuncia da parte di centinaia di ragazzi/e di intraprendere questo percorso già difficile di suo, per via dei motivi sopracitati ma anche e soprattutto per la premura di trovare un porto sicuro, che oggigiorno, a causa del contesto socio – economico, si rispecchia nel famigerato e ambitissimo “posto fisso”