Il potere dell'allenamento della forza negli anziani
Anziani ed esercizio fisico

Con l’avanzare dell’età si riscontra un deterioramento strutturale e funzionale in una grande parte dei sistemi fisiologici coinvolti nella produzione di energia e nell’espressione del movimento, anche in assenza di disturbi avvertibili. La diminuzione della capacità aerobica massimale (VO2 max) e il ridotto rendimento del sistema muscoloscheletrico con l’avanzare dell’età sono due importanti esempi di come l’invecchiamento produca modificazioni dell’efficienza fisica dell’organismo. A questi si aggiungono i profondi cambiamenti della composizione corporea, con conseguenze sulla salute e sulla capacità funzionale dell’anziano, oltre a un generale declino immunoendocrino, neurocognitivo e psicologico che si ripercuote sul livello di attività fisica svolta.
L’invecchiamento del muscolo scheletrico
L’invecchiamento è associato a un generale declino di tutte le funzioni fisiologiche e nell’età compresa tra i 30 e 70 anni è possibile osservare una riduzione del 25-40% della capacità funzionali. I tratti distintivi del percorso di invecchiamento, quali la diminuzione della massa muscolare e della forza nell’uomo, nota come sarcopenia, rappresentano uno stato di maggior vulnerabilità per questi soggetti. L’attività fisica regolare rappresenta l’elemento dello stile di vita che ha maggiore influenza (insieme all’adozione di un regime alimentare adeguato) nel rallentare l’involuzione età-correlata dei sistemi fisiologici coinvolti nel movimento (neuroendocrino, immunologico, cardiovascolare, polmonare, muscoloscheletrico), oltre ad avere un impatto significativo sui fattori di rischio per malattie croniche (obesità, atero-sclerosi, ipertensione, diabete, artrite reumatoide). Tuttavia, nel corso della vita si assiste in molti casi a una riduzione dell’attività fisica svolta, riguardante sia semplici attività quotidiane (lavori fisici vari, spostamenti a piedi o in bicicletta) sia attività di tipo programmato (allenamento). In tal senso l’esercizio di forza è generalmente quello meno rappresentato nella vita degli anziani, spesso erroneamente “sostituito” con l’esercizio aerobico perché in molti casi non ne viene adeguatamente compreso il ruolo fondamentale all’interno di quella che dovrebbe essere una programmazione di attività fisica antiaging.
Sarcopenia e decadimento muscolare
Diverse evidenze sperimentali sembrano dimostrare come un aumento del dispendio energetico giornaliero collegato alle diverse attività quotidiane possa determinare un significativo miglioramento delle curve di sopravvivenza. Il termine sarcopenia racchiude in sé il concetto di invecchiamento fisiologico, di riduzione delle dimensioni muscolari e di deterioramento della funzione tessutale. La sarcopenia è legata a numerose cause e conduce in tempi più o meno lunghi una perdita della massa muscolare, sia per la perdita numerica delle fibre sia per la riduzione della sezione delle fibre rimanenti. Il fenomeno interessa tutte le componenti fibrali del muscolo, anche se colpisce prevalentemente le fibre di tipo II, responsabili dell’attività contrattile a elevata produzione di forza e reclutate ogni qual volta sia richiesto un impegno muscolare di tipo esplosivo-anaerobico. Inoltre, con l’età diminuisce anche il numero delle cellule satelliti, responsabili della rigenerazione post-traumatica, e questo contribuisce ulteriormente alla perdita di massa muscolare. La perdita di massa muscolare, evidenziabile come diminuzione di quantitativa della componente miofibrillare totale, comporta una riduzione della forza assoluta sviluppabile. In altri termini, il muscolo è più piccolo e più debole rispetto a un muscolo normale. Oltre a variazione di carattere quantitativo, il muscolo sarcopenico va incontro a variazioni qualitative della sua funzione. Con l’invecchiamento, infatti, il muscolo scheletrico subisce processi di denervazione irreversibili a causa di una riduzione del numero di motoneuroni spinali. Nonostante la sarcopenia non possa essere arrestata dall’attività fisica, senza dubbio la scarsità di movimento e soprattutto l’assenza di carichi di forza sul muscolo ne accelerano la progressione. L’inattività aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilità i fenomeni di denervazione, conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.
Sarcopenia ed esercizio di forza
L’allenamento della forza è l’unico in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare, agendo specificamente sulle fibre muscolari di tipo II e producendo risposte anaboliche di adattamento e non ottenibili con gli allenamenti aerobici. Diversamente dal lavoro aerobico, gli esercizi muscolari di forza:
- Inducono ipertrofia, aumentando forza e potenza contrattile;
- Stimolano, inoltre, la capacità neuromotoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari di tipo II e questo consente di migliorare l’output muscolare di forza, sia di intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione.
Tuttavia, l’esercizio di forza/potenza applicato all’anziano ha una storia relativamente recente e la ricerca sperimentale in questo ambito risulta ancora per certi versi lacunosa. Gli allenamenti di forza negli anziani possono essere eseguiti in totale sicurezza se ben programmati ed è stato dimostrato che attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani. Condizionare l’espressione di forza negli anziani attraverso esercizi e metodologie specifiche ne consente poi l’utilizzo funzionale in varie attività che lo richiedono (deambulazione, velocità del passo, spostamento di carichi eccetera). Programmi di allenamento riducono di oltre il 30% il rischio di cadute, come dimostrato in studi a lungo termine, modificando significativamente uno degli aspetti che caratterizza maggiormente il quadro di “fragilità” dell’anziano.
Conclusioni
L’inattività fisica è tra i dieci principali fattori di rischio di malattia e negli adulti si stima sia responsabile di oltre 3 milioni di morti l’anno. Se l’attività fisica rappresenta uno strumento per intervenire in modo attivo nella prevenzione di molti disturbi correlati all’invecchiamento, l’inattività fisica non è dunque da considerarsi come “neutra situazione di partenza”, nella quale inserire programmi di allenamento al fine di ottenere benefici per la salute. Al contrario, essa deve essere inquadrata come una situazione dai rischi e costi elevatissimi per la salute del singolo e con pesanti ricadute economiche a livello di bilanci pubblici. Spesso un limite allo svolgimento dell’attività fisica (specie negli ultrasessantenni) è legato a sensazioni di dolore che accompagnano lo svolgimento del lavoro muscolare (anche a bassa intensità) o alla presenza di comorbidità che, peggiorando la qualità della vita, inducono gli anziani a seguire uno stile di vita sedentario. Indicazioni di mantenere anche un minimo livello di esercizio fisico dovrebbero invece essere parte di qualsiasi programma rivolto al trattamento di condizioni corniche, associate o meno a stati dolorosi, educando i soggetti coinvolti all’importanza dell’attività motoria per il mantenimento della salute del muscolo e di altri sistemi fisiologici correlati.