Mal di schiena: non restare a letto
E' scorretto pensare che l'esercizio attivo sia sbagliato per una persona che ha dolore
Il mal di schiena è talmente diffuso da essere definito, nel secolo appena concluso, "male del secolo". Le statistiche affermano che l'80% della popolazione adulta nei paesi industrializzati soffre di mal di schiena. Si può dire, senza timore di sbagliare, che tutti prima o poi, almeno una volta nella vita soffriamo di dolore vertebrale. Naturalmente per ognuno varia la frequenza e l'intensità del dolore: c'è chi ha solo qualche lieve indolenzimento e chi una disabilità permanente. Le statistiche da una parte tranquillizzano perché hanno evidenziato che nove pazienti su dieci stanno meglio entro un mese anche senza effettuare nessun trattamento. Ma d'altra parte le stesse statistiche mettono in guardi perché coloro che hanno avuto un primo episodio di mal di schiena sono soggetti a ricadute con una percentuale elevata che oscilla tra il 60% e l'85%. Questo naturalmente più frequentemente a chi si cura solo passivamente, a chi resta sempre esposto agli stessi fattori di rischio e non cerca di ridurli.
Mal di schiena, perché evitare il riposo a letto?
Fino a pochi anni fa la terapia più frequente prescritta in fase acuta, di mal di schiena, era il riposo a letto accompagnato dai farmaci analgesici e antinfiammatori. Era motivato anche dai risultati delle misurazioni delle pressioni intradiscali che hanno dimostrato che, in posizione supina, il disco riposa; di conseguenza, si temeva che mantenere in carico una colonna sofferente rallentasse la guarigione. Il riposo a letto viene definito anche terapia dello scarico perché la colonna vertebrale, in posizione orizzontale, è in assenza di gravità e la pressione sui dischi intervertebrali è ridotta al minimo. Ora la maggior parte degli autori non ritiene opportuno il riposo a letto o lo limita a un periodo brevissimo in fase acuta. Diversi studi divulgati dal Gruppo di studio della Scoliosi e delle patologie vertebrali hanno dimostrato che un riposo a letto prolungato (da quattro a sette giorni) non procura alcun vantaggio rispetto a un riposo breve o nullo (da zero a due giorni).
Effetti dannosi del riposo a letto
Vediamo i motivi per cui dannoso il riposo prolungato a letto, analizzando i suoi effetti negativi sulle diverse strutture e sulle capacità fisiche.
- Dischi intervertebrali; la mancanza di movimento è dannosa per i dischi intervertebrali soprattutto durante la giornata; la fissità, il prolungato mantenimento di posizioni lavorative statiche e passive provocano una più veloce disidratazione dei dischi. Essi, infatti, non sono dotati di irrorazione propria ma traggono nutrimento dalle strutture circostanti attraverso il movimento. Così si spiega come nei soggetti lombalgici si produce dolore ogni volta che essi restano a lungo immobili, in posizione seduta, in stazione eretta e anche in decubito. Infatti non è raro che paziente lombalgici riferiscano di avvertire dolore alla schiena la domenica mattina o nei giorni di vacanza quando possono stare a letto di più ma sono costretti ad alzarsi per l'insorgenza del dolore.
- Ossa; le ossa diventano fragili, aumentano nelle urine le percentuali di calcio e di fosforo, si ha una riduzione della densità ossea che agevola l'osteoporosi.
- Articolazioni e cartilagine articolare; l'eccessivo riposo a letto non è positivo neppure per la cartilagine articolare. In particolare a livello delle faccette articolare la cartilagine ha bisogno di movimento e di variazioni positive e negative dei carichi per mantenere la sua funzionalità. Gli esercizi e i movimenti corretti assicurano il passaggio di liquido sinoviale sopra la cartilagine articolare. Invece il riposo a letto prolungato diminuisce lo spessore della cartilagine articolare, si hanno aderenze capsulari e anche i legamenti tendono ad atrofizzarsi riducendo la loro tolleranza allo stress. Di conseguenza diminuisce anche la mobilità delle articolazioni.
- Muscoli; i muscoli diventano diventano deboli, flaccidi e perdono di elasticità.
- Diminuzione delle capacità fisiche; con il riposo prolungato a letto diminuiscono la coordinazione e l'equilibrio e si hanno effetti dannosi sulle condizioni cardiorespiratorie.
- Sensibilità al dolore; c'è un altro aspetto a favore dell'attività: alcuni soggetti dichiarano di soffrire di dolori vertebrali durante i giorni di riposo,sabato e domenica e non durante i giorni lavorativi. Stare in attività ed essere fiduciosi aumentano la produzione di endorfine e pertanto riducono la sensibilità al dolore. All'opposto il comportarsi da ammalati e la depressione, la stanchezza e la sofferenza riducono la produzione di questi neurotrasmettitori e aumentano la sensibilità al dolore.
Appare evidente come l'inattività e il riposo a letto prolungato siano dannosi anche in fase acuta: oltre a non dare sollievo possono provocare disabilità, c'è il rischio che la lombalgia da acuta si trasforma in cronica.
Benefici del movimento
Oggi ci sono numerosi studi che confermano il valore di un progamma specifico di recupero funzionale non solo in fase acuta ma anche in presenza di ernia discale. Gli esercizi specifici, eseguiti correttamente, non aumentano la lombalgia ma hanno un ruolo importante nel trattamento immediato del dolore acuto, garantendo l'integrità del sistema muscolo-scheletrico. E' scorretto pensare che l'esercizio attivo sia sbagliato per una persona che ha dolore. Gli esercizi guidati da uno specialista ben preparato costituiscono il programma ottimale di trattamento per la lombalgia acuta oltre che in fase subacuta e cronica. E' stato dimostrato che il trattamento attivo, basato sull'educazione del paziente, sugli esercizi di mobilizzazione, di trofismo e di allenamento al lavoro, dà risultati migliori, consente risparmi sostanziali nel numero di assenza del lavoro e nelle spese previdenziali. Il dottor Nachemson, nell'ottobre 1995 al congresso internazionale di Milano "lombalgia: stato dell'arte", si è espresso in questo modo: "Abbiamo dimostrato con certezza che il movimento fa bene al disco intervertebrale. Abbiamo anche dimostrato che l'immobilizzazione fa male per la nutrizione del disco. Se togliete il carico a qualcuno, se lo mette a letto o nello spazio, i muscoli vanno in malora, le ossa svaniscono, i legamenti diventano fragili, anche le cartilagini degenerano e la nutrizione del disco è scarsa. Al contrario, dei carichi moderati, un'attività generale, degli esercizi per avere una buona forma fisica, fanno bene a muscoli, ossa, legamenti, cartilagini e così via. Ora queste strutture sono quelle della schiena, sono quelle che causano dolore, ed è dunque per motivi biologici che bisogna far muovere le persone. Così ora per la prima volta abbiamo ragioni sia biologiche che patologiche per procedere don la mobilizzazione e il movimento: diminuire ogni attività inibisce la guarigione".
Conclusioni
Purtroppo, spesso, anche ai nostri giorni il trattamento passivo viene prolungato all'infinito, nella ricerca della soluzione del problema con il "massaggino", con la "macchinetta", con la pastiglia, di volta in volta variabili ma sempre con una logica di paziente passivo, provocando dipendenza e disabilità.
La vita è movimento, il movimento è vita.
Dr. Alessio Guaglianone, Scienze Motorie, Posturologo